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ii - sonetti 33

XII

Fu proprio lui la vittima d’Amore?

     Non fu qui dove Amor tra riso e gioco
le belle reti al mio cuor vago tese?
Non sono quello ancor che non di poco
4ma del meglio di me fui sí cortese?
     Qui certo fu, ché riconosco il loco
u’ dolcemente l’ore erano spese;
quinci l’ésca fu tolta e quinci il foco,
8che d’alto incendio un freddo petto accese.
     Ma ch’io sia quel che con lusinghe Amore
fece, per darlo altrui, del suo cuor scemo,
11s’io n’ho credenza, io n’ho piú dubbio assai;
     ché mi sovien che quel che perse il core,
arder lontan parea da questi rai;
14ed io che son lor presso, aggiaccio e tremo.

XIII

È contento del carcere soave, ov’è prigione dell’amata.

     Aventuroso carcere soave,
dove né per furor né per dispetto,
ma per amor e per pietá distretto
4la bella e dolce mia nemica m’ave;
     gli altri prigioni al volger de la chiave
s’attristano, io m’allegro; ché diletto
e non martir, vita e non morte aspetto,
8né giudice sever né legge grave,
     ma benigne accoglienze, ma complessi
licenziosi, ma parole sciolte
11da ogni fren, ma risi, vezzi e giochi;
     ma dolci baci, dolcemente impressi
ben mille e mille e mille e mille volte;
14e, se potran contarsi, anche fien pochi.