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30 ii - sonetti

VI

A una donzella che porta il manto adorno di gigli e di amaranti.

     Non senza causa il giglio e l’amaranto,
l’uno di fede e l’altro fior d’amore,
del bel leggiadro lor vago colore,
4vergine illustre, v’orna il sacro manto.
     Candido e puro l’un mostra altro tanto
in voi candore e puritá di core;
all’animo sublime l’altro fiore
8di constanzia real dá il pregio e il vanto.
     Come egli al sole e al verno fuor d’usanza
d’ogni altro germe, ancor che forza il sciolga
11dal natio umor, sempre vermiglio resta,
     cosí vostra alta intenzion onesta,
perché Fortuna la sua ruota volga,
14com’a lei par, non può mutar sembianza.

VII

Una corona di ginepro è il premio piú ambito da lui.

     Un arbuscel ch’in le solinghe rive
all’aria spiega i rami orridi ed irti,
e d’odor vince i pin, gli abeti e i mirti,
4e lieto e verde al caldo e al giaccio vive;
     il nome ha di colei che mi prescrive
termine e leggi a’ travagliati spirti,
da cui seguir non potrian Scille o Sirti
8ritrarmi o le brumali ore o l’estive.
     E se benigno influsso di pianeta,
lunghe vigilie od amorosi sproni
11son per condurmi ad onorata meta;
     non voglio, e Febo e Bacco mi perdoni,
che lor frondi mi mostrino poeta,
14ma ch’un genebro sia che mi coroni.