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ii - sonetti 29

IV

L’amata si conformi in tutto al volere dell’amante.

     Perché simil le siano, e de li artigli
e del capo e del petto e de le piume,
se l’acutezza ancor non v’è del lume,
4riconoscer non vuol l’aquila i figli.
     Una sol’ parte che non le somigli,
fa ch’esser l’altre sue non si pressume;
magnanima natura, alto costume,
8degno onde essempio un saggio amante pigli.
     Che la sua donna, sua creder che sia
non dee, s’a’ suoi piacer, s’a’ desir suoi,
11s’a tutte voglie sue non l’ha conforme.
     Non siate dunque in un da me diforme,
perché mi si confaccia il piú di voi;
14ché o nulla o vi convien tutta esser mia.

V

Felice tutto che la sua donna avvicina; ma beato chi ne ha l’amore.

     Felice stella, sotto ch’il sol nacque
che di sí ardente fiamma il cor m’accese;
felice chiostro ove i bei raggi prese
4il primo nido in che nascendo giacque;
     felice quell’umor che pria gli piacque,
il petto onde l’umor dolce discese;
felice poi la terra in che ’l piè stese,
8beò con gli occhi il fuoco, l’aere e l’acque.
     Felice patria che, per lui superba,
con l’India e con il ciel di par contende;
11piú felice che ’l parto che lo serba.
     Ma beato chi vita da quel prende,
ove ’l bel lume morte disacerba,
14ch’un molto giova e l’altro poco offende.