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28 | ii - sonetti |
II
Quanto è mal compensato il suo affetto!
Mal si compensa, ahi lasso! un breve sguardo
all’aspra passion che dura tanto;
un interrotto gaudio a un fermo pianto;
4un partir presto a un ritornarvi tardo.
E questo avien, ché non fu pari il dardo,
né il fuoco par ch’Amor m’accese a canto;
a me il cor fisse, a voi non toccò il manto;
8voi non sentite il foco ed io tutt’ardo.
Pensai che ad ambi avesse teso Amore,
e voi legar dovesse a un laccio meco;
11ma me sol prese, e lasciò andar voi sciolta.
Giá non vid’egli molto a quella volta,
ché, s’avea voi, la preda era maggiore;
14e ben mostrò ch’era fanciullo e cieco.
III
Finalmente sta per essere appagato!
O sicuro, secreto e fidel porto,
dove, fuor di gran pelago, due stelle,
le piú chiare del cielo e le piú belle
4dopo una lunga e cieca via m’han scorto;
ora io perdono al vento e al mar il torto
che m’hanno con gravissime procelle
fatto sin qui, poi che se non per quelle
8io non potea fruir tanto conforto.
O caro albergo, o cameretta cara,
ch’in queste dolci tenebre mi servi
11a goder d’ogni sol notte piú chiara,
scorda ora i torti e i sdegni acri e protervi;
ché tal mercé, cor mio, ti si prepara,
14che appagará quantunque servi e servi.