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liriche apocrife | 295 |
Di novo Amor scherzando, come pria,
90d’alto diletto immenso
n’empie e conferma il dolce affetto ardente.
Cosi le notti mie, lieto, dispenso,
e pria ch’io faccia da la donna mia
partita, veggio al balcon d’oriente
95da l’antico suo amante
l’Aurora vigilante,
e gli augelletti odo soavemente
lei salutar ch’ai mondo riconduce
nel suo bel grembo la novella luce.
100Canzon, crescendo con questo Ginebro,
mostrarai che non ebbe unqua pastore
di me piú lieto e piú felice, Amore.
IV
Parte la sua Ginevra; come resistere a tanto dolore?
come vivere senza di lei?
Deh! chi sent’io, mie dolci rive amiche,
che pur di sen vi svelle
mio bel Genebro, e ’n quelle
altre il ripon di voi tanto nemiche,
5e di voi meno apriche?
Anzi piú; ch’or da voi
par vòlti il ciel là tutti i lumi suoi?
Come piange Arno, e corre
oltra l’usato tempestoso e ’nsano,
10sol perché a mano mano
il bel Genebro suo si sente tòrre;
cosí ride, e pian piano
or vassene, e piú queta
e piú lieta che mai la bella Sona,
15che di lui s’incorona e per lui spera
eterna primavera.