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liriche dubbie 261

     Ragion, che vede il falso e oculto inganno,
gli scuopre il vano e cieco e lungo errore;
mostragli il Senso un bel tempio d’onore,
che per seguir tant’alte imprese avranno.
     S’appiglia il cor all’ultimo parere,
né giova replicargli il van disio
che a seguir mortal cosa invan s’adopra;
     ché il Senso gli soggiunge non sapere
altra strada miglior per gire a Dio,
poiché mortal non è, ma divina opra.

V

«Amor, mostro crudel, quanto male puoi fare!».

     Spenta è d’Amor la face, il dardo è rotto
e l’arco e la faretra e ogni sua possa,
poiché ha Morte crudel la pianta scossa
alla cui ombra, cheta, io dormia sotto.
     Deh, perché non poss’io la breve fossa
seco entrar, dove hallo il destin condotto,
colui che a pena cinque giorni ed otto
Amor legò pria de la gran percossa?
     Vorrei, col foco mio, quel freddo ghiaccio
intepidire, e rimpastar col pianto
la polve e ravvivarla a nuova vita;
     e vorrei, poscia, baldanzosa e ardita,
mostrarlo a lui che ruppe il caro laccio,
e dirgli: — Amor, mostro crudel, può tanto! —