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liriche dubbie 253

     ché, quando scriverasse il gran processo,
de’ maleficii toi vorai celare
questo, e dir: — Nicolò de la Comare, —
a ciò che stimi ognun che non sii desso.
     Ditto hai fra te: — Nissun saprá ch’io sia
Cosmico, odendo Nicolò, e per tanti
martir non parerò quel ch’era pria. —
     Ma perché di tal fraude non te vanti,
io son disposto che ogni rima mia
Cosmico e Nicolò publichi e canti.
                    Ché, quando arai davanti
la forca, non s’ingani le persone,
sentendo far di Nicolò menzione.
     El c’è una altra ragione,
che ’l nome fugi che avesti a bates(i)mo,
tanto nemico sei del Cristianes(i)mo.

XVII

Sa chi scrive, nonostante che scriva senza nome.

     Ser Nicolò de la Cornar, non tante
rime t’arei scripto senza il mio nome,
ma conobbi che invan prendea tal some,
sapendo che tu sei bon nigromante.
     So che tu sai ch’io sum, come davante
ti fosse, e qual effigie abia e che chiome,
e qual sia il nome mio, qual il cognome,
che piú tu sai le cose tutte quante.
     Tu giá sapesti dir all’arcivesco,
quando alle palle vòlse tuor l’alteza,
che ’l restaria sopra le forche fresco.
Donque, tu dèi saper che la caveza
al collo arai che al cinto ebbe Francesco,
lui per fugir, (e) tu per aver riccheza.
                    Non mi dá tal chiareza
nicromanzia; sa’ tu chi me lo scopre?
Cosmico mio, le tue laudabil opre!