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liriche dubbie 251

XIII

Ercole, libera Ferrara da tal mostro di natura!

     Non ve admirati se pochi fanciulli
a questi tempi nascono in Ferrara;
Cosmico c’è che ’l seme uman rincara,
e par che d’ingiotirlo il se trastulli.
     Altra vivanda mai grata non fulli,
assai per bocca e piú pel cul g’è cara.
O summo Iove, a tanto mal ripara:
perché monstro sí crudo non annulli?
     Natura se vergogna e piange ognora
d’aver produtto tal Anfisibena,
che cum due bocche il suo seme divora.
     Ma tu, potente Alcide, il baston mena
sopra tal bestia, se non che in poca ora
tua patria vota sia, non che mal piena.
                    Che vai cum tanta pena,
signor, far la cittá bella e grandirla,
e poi che non ce sia gente da impirla?

XIV

È pronta la giostra. Ma «tu sei bestia da pigliar col lazzo».

     Io vo pel campo voltegiando intorno,
pur aspettando che tu monti in sella.
— Non odi? — murmurando ognun favella,
— che a bada tu mi tien de giorno in giorno. —
     La cittá tutta ormai sentito ha il corno,
il corno che al marzial gioco te appella.
O che sei sordo, o che sei chiuso in quella
buca che di monete false è un forno,
     unde non senti il suon che vie ti chiama,
o forsi aspetti ch’io sia disarmato?
Non fa cosí chi vera gloria brama.