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vi - stanze 147

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     Questo mirando Costantin fu alquanto
fra voler ire o rimaner suspeso;
ma li maligni chierci, che giá quanto
era util lor ch’andasse avean compreso
(però che quanto egli lasciava tanto
da lor sarebbe in pochi giorni preso)
creder gli fêr che tutte illusioni
erano false ed opre di demòni.
17
     Li quali, per turbare il ben, la pace,
la maestá e la gloria de l’impero,
s’aveano imaginato con mendace
spavento di mutarlo di pensiero.
Cosí l’imperator da la fallace
suasion del tralignato clero,
in Grecia transferí il seggio romano,
lasciando i scudi al tempio Laterano.
18
     Volgendo gli anni poi successe quello
che fu pur ver, senza mancarne dramma;
che Alarico e poi Totila, flagello
detto di Dio, diè Roma a sacco e a fiamma;
e i scudi appresso all’altro arnese bello
in preda andâr, né se ne salvò lamina,
fuor che d’un sol, che non fusse disfatta
indi in moneta e in altro uso ritratta.
19
     Questo ch’in esser suo primo rimase,
forse il più bello, il crudel re de’ goti
mandò da Roma alle paterne case,
ai liti del mar balteo sií remoti,
col qual i gran successi persuase
ch’ancor per fama ben non eran noti,
che la superba Italia aveva doma
e presa ed arsa e saccheggiata Roma.