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v - egloghe 135

     Hai sentito ch’alcun mai gli dimande
170cosa che iusta sia, che da sé vuoto
o poco satisfatto lo rimande?

tirsi


     Io credo che giá a quel chiedere a voto
piú non si pò, né dal patre traligni,
a cui fui, sua mercé, come a te noto.
     175Lodando il figlio, Eraclide mi pigni,
del quale io, sebben nato ed uso in boschi,
trovai gli effetti in me tutti benigni.

melibeo


     Oltra che umano sia, vuo’ che ’l conoschi
pel piú dotato om che si trovi, e volve
180gli ombri, gl’insubri, li piceni e tòschi.
     Che saggio e cauto sia, te ne risolve
questo ch’al varco abbia saputo accôrre
quei ch’aver sel credean sotto la polve.
     Chi sa meglio espedir, meglio disporre
185quel che conven? Non è intricato nodo
che l’alto ingegno suo non sappia sciôrre.
     Qual forte ’sbergo è del suo cor piú sodo?
a cui fortuna far pò mille insulti,
ma non che sia per sminuirne un chiodo.
     190Vedi tu in altri costumi sí culti?
Gli po’ tu in sí vil cosa esser cortese,
ch’amplissima mercé non ti risulti?
     Hai tu sentiti i ladri nel paese,
di che prima solea dolerse ognuno,
195poscia ch’egli di noi custodia prese?
     Mira che qui pò quel che pò nessuno,
né però vuol conceder contra il iusto
cosa a sé che negata abbia ad alcuno.
     Io non ti lodarò l’aspetto augusto,
200né quell’altro che fuor vedi tu stesso,
il corpo alle fatiche atto e robusto.