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v - egloghe | 133 |
Dirai ch’egli d’Eraclide non fusse,
se ne la ripa di Sebeto amena
la castissima Argonia gliel produsse?
melibeo
E il vero a forza a non negar mi mena,
110né stran mi par, quando d’eletto grano
il loglio nasca e la steril avena.
Ma perché chiesto tu non m’abbi invano
chi altri al tradimento è che prestasse
favor o col consiglio o con la mano;
115al canuto Silvan gran colpa dasse,
al gener piú, che quasi per le chiome
il ribambito suocero vi trasse.
L’altro non so se Boccio è detto o come;
Gano è l’estremo, anzi il primiero in dolo,
120a cui forse era Ingan piú proprio in nome.
tirsi
Che Gan sia in colpa, ho piú piacer che duolo;
perché fra tanti uomini del mondo
m’era, né so la causa, in odio solo;
se però parli d’un carnoso e biondo
125che solea Alfenio tra’ suoi cari amici
stimar piú presto il primo che ’l secondo.
melibeo
Io dico di quel biondo che tu dici
come nel corpo d’ésca, sonno ed ocio,
cosí grasso ne l’anima di vici;
130di quel che di vil servo fatto socio
aveasi Alfenio e facea cosa raro
senza lui, di piacere o di negocio.
Comperollo giá Eraclide, e tal paro
ho di boi di piú prezzo che non ebbe
135colui che gliel vendè, quantunque avaro;