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132 | v - egloghe |
Contempla le fatezze e la statura
di Iola, ed indi Emofil ti racorda,
e cosí il ramo all’arbor rafigura.
Pon’mente come l’un con l’altro accorda
80l’invida mente e l’ostinata rabbia,
d’oro, di sangue e d’adultéri ingorda.
tirsi
Non perché da te solo inteso l’abbia,
ma per spiarne tutta tua credenza,
fingendo ammirazion strinsi le labbia.
85Udito l’ho da piú di dieci, senza
l’ancilla de la giovena; or tu vedi
s’io ’l so, se per udir se n’ha scienza.
Ma lascia Iola ed all’inganno riedi;
e come me n’hai móstro il capo e il petto
90fa’ ch’io ne veda ancor le braccia e’ piedi.
Che altri aveano a questa impresa eletto
io vedo, ché dui soli erano pochi
a dare a tanta iniquitate effetto.
melibeo
Il comodo che aveano in tutti i luochi
95d’Alfenio, come quei ch’erano seco
sempre in convivi, in sacrifici, in giochi,
fe’ che vidde Fereo con occhio bieco,
che pochi piú bastavan, con breve arme,
a mandarlo cultor del mondo cieco.
100E non pur lui, ma che pensasse parme
occider gli altri dui suoi frati insieme,
per quanto da chi ’l sa, posso informarme.
tirsi
Oh desir empio! oh scelerata speme
ch’al nefario pensier Fereo condusse,
105di spegner tre con lui nati d’un seme!