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iv - capitoli | 125 |
XXVII
Centone amoroso con versi del Petrarca.
Arsi nel mio bel foco un tempo quieto
ed or mutato veggio acerba e fella
mia benigna fortuna e 'l viver lieto.1
E piú e piú duol, la mia contraria stella
5mi suol mostrar ell’è l’alma ad ora ad ora
piú feroce ver’ me sempre e piú bella.2
Se pur biasmar il dì penso talora
suo finto ardor o sua rara mercede,
tanto cresce ’l disio che m’innamora.3
10O miser chi troppo ama e troppo crede!
ben ch’in credenza tal sol m’abbi indutto
infinita bellezza e poca fede.4
Del mio servir è ’l premio doglia e lutto,
e veggio col servir posto in oblio
15mia speme in sul fiorire e sul far frutto.5
Taccio o dirò ’l furor de l’ardor mio?
De sì, de no: ahi sconsolata vita!
Intendami chi può, ch’io m’ intend'io.6
Ahi! senza stato Amor cosa inaudita;
20ahi! destin fero; ahi! leggi oblique e torte;
vedem' arder nel fuoco e non m’aita.7
Ma ben che l’empia e cruda acerba sorte
abbi del mio gioir ogni ben spento;
sappia ’l mondo che dolce è la mia morte.8
25Nessun mai piú di me visse contento,
or vivo fuor di vita e di riposo.
Quante speranze se ne porta ’l vento!9
Placar io cerco ’l duol nel petto ascoso
col mesto suon di mie rotte parole:
30tanto gli ho a dir che cominciar non oso.10