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124 iv - capitoli

     Non ti meravigliar se son pien d’ira,
s’io mi lamento, signor impio e crudo,
ch’a dirti ’l ver ragion mi sforza e tira.
     70Tu me legasti a un arbor verde e nudo,
ch’in sé non avea ancor vigor né possa;
al qual fui per diffesa sempre scudo,
     a ciò non fusse sua radice mossa
per freddo o caldo, per tempesta o vento,
75o da folgor del ciel fiaccata o scossa.
     Sempre vi stava con ogni arte intento,
con ogni ingegno e forza lo nutriva,
e del suo frutto me tenea contento.
     Ma poi che ’l crebbe e in sino al ciel fioriva,
80e che del frutto avea qualche speranza,
altri l’accolse, e fu mia mente priva.
     Quest’è il costume tuo, quest’è l’usanza,
fallace Amor; però in pianto destino
fornir il breve tempo che m’avanza,
     85e per il mondo andar qual peregrino,
maledicendo te del mal ch’io porto,
fin che morte interrompa il mio camino.
     E s’alcun mai trovasse ’l corpo morto,
prego ciascun che ’l lassi sopra terra,
ché, poi che in vita fui senza conforto,
     90dopo morto con fère abbi ancor guerra.