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118 iv - capitoli

     Non è piú tempo che a memoria trarmi
debbia, quando talor parve cortese
d’un dolce sguardo, e degnava parlarmi;
     ma ben tempo è mirar l’ore mal spese,
35oltraggi, gelosie, tanti martiri,
suo’ sdegni ingiusti, e mille e mille offese.
     Non è piú tempo che per lei sospiri,
e quindi vento alle gonfiate vele
da l’alterezza sua per me s’aspiri;
     40ma ben tempo è che ’l sospirar rivele,
de’ giorni persi mi rincresca quanto
non poterne mostrar lungi querele.
     Non è piú tempo che mie luci in pianto
estinguer lassi, benché fusser quelle
45che mia nemica al cor laudavan tanto;
     ma ben tempo è servarle infino ch’elle
veggian vendetta, che via il tempo porti
maggior pietade alle manere belle.
     Non è piú tempo che ’l desir trasporti
50mie’ passi, che per lei cerchino i témpi,
sale, teatri, vie, campagne ed orti;
     ma ben tempo è fuggir da’ suoi lumi empi,
pari in effetto a quei del basilisco,
perché piú Amor del suo veleno m’empi.
     55Non è piú tempo in stil moderno o prisco
ch’io cerchi che sua fama eterna viva,
ch’alla superbia sua materia ordisco;
     ma ben tempo è ch’io pensi, parli e scriva,
di dí, di notte, ove io mi fermi o vada,
60quanta causa a mia morte indi deriva;
     tal che stia in sella Sdegno ed Amor cada.