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114 iv - capitoli

XXI

Lontano dall’oggetto del suo cuore, vive in ansia
e tormento continuo.

     Poich’io non posso con mia man toccarte,
né dirti a bocca il duol che ogtnor mi accora,
tel voglio noto far con penna e carte.
     Doglioso e mesto, pien d’affanni ognora,
5meno mia vita afflitta e sconsolata,
dal dì che mal per me tu andasti fuora;
     chiamo la morte, e lei non vien, ingrata,
a finire il dolor ch’io porto e sento
per non poter saper la tua tornata.
     10Tu festeggi in piacere, ed io tormento,
privo di te, che notte e dì ti chiamo,
però di ritornar non esser lento.
     Tu m’hai pur preso come pesce all’amo,
misero me! ch’io son condotto a tanto
15ch’altro che te non voglio, apprezzo e bramo.
     Tu vivi lieto ed in me abbonda il pianto;
tu altri godi ed io te sol aspetto;
di bianco vesti, ed io di negro ho il manto.
     Leva tal passion del miser petto;
20non aspettar sentir mia, crudel, morta;
ché crudeltá il ciel tien in dispetto.
     Qualunque batte alla mia casa o porta,
subito corro e dico: — Fors’è il messo
che del mio fino amor nova mi porta. —
     25La notte insonio e teco parlo spesso;
questo è ben quel che mi consuma il cuore;
quando mi sveglio non ti trovo appresso.
     Piango li giorni, i mesi, i punti e l’ore
che ti partisti, e non dicesti: — Vale;
30misero, oimè! per te vivo in dolore. —