Ne la tósca cittá, che questo giorno
piú riverente onora,
la fama avea a spettacoli solenni
fatto raccôr, non che i vicini intorno, 60ma li lontani ancora;
ancor io, vago di mirar, vi venni.
D’altro ch’io vidi tenni
poco ricordo, e poco me ne cale;
sol mi restò immortale 65memoria, ch’io non vidi, in tutta quella
bella cittá, di voi cosa piú bella.
Voi quivi, dove la paterna chiara
origine traete,
da preghi vinta e liberali inviti 70di vostra gente, con onesta e cara
compagnia, a far piú liete
le feste, a far piú splendidi i conviti,
con li doni infiniti
in ch’ad ogn’altra il ciel v’ha posto inanzi, 75venuta erate dianzi,
lasciato avendo lamentar indarno
il re de’ fiumi, ed invidiarvi ad Arno.
Porte, finestre, vie, templi, teatri
vidi piene di donne 80a giuochi, a pompe, a sacrifici intente,
e mature ed acerbe, e figlie e matri
ornate in varie gonne;
altre star a conviti, altre agilmente
danzare; e finalmente 85non vidi, né senti’ ch’altri vedesse,
che di beltá potesse
d’onestá, cortesia, d’alti sembianti
voi pareggiar, non che passarvi inanti.