 |
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. | |
NOVELLA XV
Uno gentilomo bolognese se fa radere a Norsa : il barbiere el fa parere leopardo, e poi dimanda l’amicizia sua.
El me recorda, prestantissima compagnia, avere audito da’nostri antiqui, non essere lungo tempo ch’el fu uno nobile uomo de casa nostra, piú che altro in quelli tempi moralmente piacevole e de singolare ingegno e de animo generoso, instituito del nome di colui che, prima che credesse, la mano in la piaga del nostro Redemptore ponere vòlse. 11 quale, per sue occorrenzie essendo cum tri cavagli andato a Roma, nel suo retorno fece la via per la Marca, e giunse uno sabbato de sera alla citate de Norsa, e, dismontato a l’ospizio, li venne voglia de farse radere, avendone grandissimo bisogno; e cosi, cum li stivali in piedi, entrò in una barberia, opposita a l’ospicio dove era discavalcato. Ed essendo alora tutti li barbieri de quella botega in opera ed exercizio, fu opportuno, per disgrazia sua, desiderando essere prestamente raso, se ponesse in mano ad uno, che non solamente il tenne piú che non avrebbe voluto, ma quasi li scorticò tutta la faza, come intenderete. Costui adunque, aconciando li drappi al mio parente, come se costuma, cominciò a battere tante e tante castagne, che averia pasciuto tutto el populo del monte d’Appenino; la quale cosa era cum summa dcsplicenzia d’epso mio parente, cum ciò fusse che pegio dimorava in le mane del barbiere, che uomo se potesse dire o se vedesse mai. E giá avendolo in alcuni luochi intacato, li dixe che per Dio facesse presto; il che recordandoli el mio parente spesso, per uscirli de le mano prestamente, pareva che la fortuna secretamente permetesse che costui l’intacasse ogni volta ch’elio glielo recordava. El quale, ponendoli .sopra ogni intacatura un poco di pelo di barba, perché non uscisse sangue, fece in modo che lui, pjer paura de non essere piú inUicato, taceva e de sollicitarlo non ardiva, dicendo in suo cuore: — Lasso! ch’io sono oggi giunto proprio come voleva! Ove, se
