Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/393

la fine, molto paterna uno de le nostro gloria. cose de cavaliero, E Italia, a questo nominato uomo poi morale, cum misser gran eloquente Galeazzo reverenzia e Marescotto domestico posto di Calvi, degno patricio e senatore de la nostra republica, per aver in gran parte cum le sue opere, degne de perpetua laude, la patria e li ciiadini de epsa dal iugo de servitute liberato, ciiá quando ducale, de la trasse fortissima la benigna ròca de memoria Varano, del territorio magnifico de Annibai Parma, di Bentivogli, padre del prestantissimo misser Zoanne, precipua colonna de la nostra inclita patria, dixe cum virile céra e sonora voce: — E 1 me pare, magnifica brigata, che de le virtú de molti principi fra noi se sia a’ giorni passati sufficientemente rasonato, senza recordo de Filippo Maria, duca de Milano, che fu principe de tanto valore, de tanto ingegno e virtú d’animo, come sapete, quanto altro a’ nostri giorni (secondo el mio udicio) se sia trovato. Cum ciò sia che, non perdonando a spesa né a fatica per conseguire effecto de eterna gloria e fama, facea portare per Italia e fuore de quella ancora in molte parte le salme del suo tcsauro, per donare, pagare e premiare cum gran liberalitá ciascuno uomo exccllente, advegna imperò che per gli alti suoi pensieri la citá nostra non se possa de la sua magnifica memoria troppo laudare, per avere per sua casone sostenuto affanni e iacture ingente. Pur, constreclo dal splendore de le sue virtú, voglio narrare a le Vostre Prestanzie uno suo illustre effecto, sopra el quale me piacerá poi che noi iudichiamo quale magnanimitá fusse magiore, o la sua o quella de Octaviano Augusto, quando perdonò ad Erode, avendo Marco Antonio, suo cognato, superato e vincto. Il che non ve rincresca audire, ché cosa de laude e virtú grande intenderete. — E in questa forma a dire incominciò.