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NOVELLA V

Carlo di lansaldi, doppo la morte del padre, per essere convenuto a torto ))er vigore d’una litteru di cambio dinanti al indice, e l’actore e il iudice cum piacevoli acti schernisse, e rimane liberato.

Di poi, magnifico conte e voi clarissima brigata, siamo intrati in piacevoli sermoni de accidenti seguiti avanti giuridici tribunali, el me piace cum vostra licenzia contarvene uno successo non è troppo tempo per uno giá degli Ansaldi, nobilissima famiglia de la cita nostra, nominato Carlo. Epso, adunque, doppo la morte del padre essendo remasto picolo fanciullo, poi che fu in etá capace, fu convenuto a la rasone da uno Bettuzzo di Prendiparti, il quale li adimandava cento ducati per vigore de una lettera di cambio che li avea fatto Guidone suo padre. Per il che, essendo costoro avanti il tribunale iuridico e Bettuzzo adimandando li fusse della lettera di cambio administrato iustizia. Carolo rispose: — Misscr lo iudice, se costui dovesse avere questi denari da me, crediate fermamente che non se sarebbe finora indusiato a dimandarli, essendo giá passato piú di vinti anni che mio padre moritte; di che io dico che non ho a far covelle cum lui e dare non li voglio cosa alcuna se la virtú de la rasone non me ne slorza. Cosi ve priego, misser lo giudice, non me fazati torto. — A queste parole adirandose Bcrtuzzo dixe: — Carolo, el non bisogna negare cum queste favole, dicendo che non me li hai a dare, perché sono passati molti anni che non te li ho domandali, ché de que.sto ne appare lettera di mano de tuo padre. E se adimandato non te li ho prima, è processo solamente che cosí è costume de la mia dolce natura e perché sei stato finora come fanciullo. Questo