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confessare, accioché ancora non siate ingrato verso misser Domenedio del beneficio recevuto. — E, apena ebbe fornite queste parole, che li fu necessario, se non volea guastare el solazo, prendesse incontinenti in boca la coperta del lecto per non ridere. E, cum questa via temperato la smisurata voglia de ridere, il cominciò a confessare; e cossi, intrando d’uno peccato in uno altro, el domandò per un buon modo e cauta via se mai se adirava cum la sua donna e se li dava de le busse, e per che casone. A le quale parole scoprendo lui intieramente la sua infirmitá e quante volte era stato omicidiale cum l’anime de quilli che guardavano a le volte la donna sua, dixe misser Onorio: — O sciagurato maestro Piero ! ma questo è grande peccato che commeteti, a volere privare gli occhi che non vedano le belle cose create da Dio. La vostra donna è savia, onesta e tutta valorosa, e se è portata in questo vostro accidente cum tanta prudenzia, amore e sollicitudine, che non manco è degna essere amata singularmente da vui che laudata. Privative de questa fantasia, proprio nel megio ventricolo del vostro cervello collocata, la quale ve farebbe consumare la vita, e poi l’anima vostra ne averebbe de molte percosse. — A cui dixe maestro Piero: — Oimè! patre mio buono, vui diceti il vero, ché pur ora me recordo che dal canto di lá ebbi da multi diavoli, vestiti de pelle de asino, de multi pugni, e fui caciato crudelmente in certa obscuritá a modo de una botte, e revolto mille migliara de volte sottosopra, cum mio gran tormento e passione. — E alora misser Onorio, a pena potendo refrenare le risa, dixe: — E però, maestro Piero, disponetive lassare li vostri peccati, e specialmente la maledecta gelosia de la moglie vostra; la quale vedete quello ha facto in questo vostro mortai caso, e ha dimonstrato non avere cosa piú cara al mondo che la vostra vita. — Vui dicete bene el vero, misser patre mio — rispose maestro Piero; — ma io ve prometto e impegno la mia fede, e cossi la obligo a Dio, non li far mai piú alcuna villania; e, purché presso me se iacía non curarò piú oltra, se ben lei avesse cento... intend’io; eh’è quasi debito per questa casone Dio me abia voluto far recredente del mio fallo. — Ben sa peti che l’è cossi, e però cussi se vuol