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NOVELLA XXVI
E1 duca de Milano se fa condure de nocte una giovene amata da lui, e la duchessa se ne acorge; dove, in luoco de l’amata donna, epsa se fa travestita menare al duca. Il quale, vedendose ingannato, a beneficio de la giovene e contento de la duchessa, virtuosamente lassa l’impresa. E1 conte Francesco, figliuolo de Sforza da Cotignola, prestnntíssinio conte e voi dulcissíma compagnia, fu principe, corno sapete, al quale né la natura né la fortuna vòlseno in alcuna cosa mancare. Lassiamo stare quanto fusse magnifico, splendido, liberale, benigno e clemente, perché in tutti questi effecti non solo passò tutti gli omini della presente etá, ma ancora equiperò tutti gli antiqui romani e greci; ma diciamo che ne l’exercizio militare, dove lui locò ogni sua gloria e fama, non fu meno valoroso, prudente e magnanimo che fosse Sertorio, Marcello, LucuIIo, Cesare, Pompeo, o chi fa piú rumore de fama in carte. E che ciò sia vero, Teffecto el mostra, perché non solamente debellò e superò illustremente ogni altro duca valoroso d’armati (dei quali Italia allora era fecondissima, corno sapete), ma ancora se fece per tale sua virtú signore de Lombardia. Nondimeno, ancora che tutte queste parte fosseno in lui cumulatamente (come son certo avete a’ vostri giorni inteso mille volte), e domasse e calcasse victoriosi exerciti, pur da le forze del fanciullo arciero non potè fare che preso non fusse e dinanti al carro della sua deitá, tra l’altro numeroso exercito, in trionfo menato, per le commendabile belleze de una nobilissima giovene de la nostra citate, il cui nome e cognome voglio sotto silenzio passare, per non dare materia de contaminare la sua onesta fama. De la quale giovene se accese in tal modo, che d’altro che di lei non pensava giorno e nocte, né cosa vedeva che tanto li piacesse; e morto credo alfin saria d’affanno, se da lei non avesse preso amoroso piacere. E fu opportuno che