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DCXV
A MESSER GIROLAMO COMITOLO
Scriverá a monsignor de la Barba, nuovo governatore di Perugia, nei sensi desiderati dal Gomitolo, Buon per Perugia che, nel ritornare sotto il dominio papale, abbia avuto cosi benigno governatore! Se bene io in cotanto tempo non ho risposto a tante vostre a me venute e da Castel de la Pieve e da Perugia e da pertutto donde vi séte trovato, non è però che io non mi creda d’essere ne la vostra mente con la medesima condizione che io ci sarei, ancora che da me vi fusse stato rescritto di per di; avenga che le vere amicizie non han bisogno di confirmarsi con la autoritá de le lettre, massimamente quando gli animi si pareggiano con eguale benivolenza. Ma, per tornare a l’ultima che mi mandate, dico, circa lo scrivere al reverendissimo de la Barba, con cui ebbi giá intrinsica domestichezza, che lo farò con quella volontá ch’io vorrei che il farlo giovasse, non mi scordando di adimpire la vostra seconda richiesta, venendomene il proposito. Intanto attendete a darvi manco fastidio che si può, lodando di continuo l’orrore che par caduto nei petti perugini, bontá de le presenti occorrenze. Lodatelo di grazia, peroché non ci è la piú salutifera timiditá che quella, che, nel mostrare il pericolo, insegna a schifare il peccato. Io so ch’io sono inteso da voi, che séte la istessa intelligenzia, talché non vi commento altrimenti la mia parabola: mi rallegro bene de la benignitá usata da monsignore in si terribile governo. E chi sa che le cose di si virile cittade non piglino, nei suoi frangenti, forma d’una piú presto meritata che pensata quiete? Io ne ho fatto utt poco di motto al governator di lei, per essermi ella a cuore come la istessa patria, benché egli non mi faria punto di torto, se, per non l’aver mai piú scritto, la mia familiaritá trovasse la sua dolcezza forte. Or, nel fornirla, vi prego che mi toniate vivo ne la memoria, come io vi tengo fisso nel pensiero. Di Vinezia, il 16 d’agosto 1541.
