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creanza gentile, d’ingegno raro, di vita modesta, di conversazion graziosa e di costume laudabile accresce ornamento a le bellezze sue e aggiunge aiuto a le occorrenze di lei. E tutto è dono di Dio, la cui bontá vi prospera nei figliuoli, ne le facilitá e negli amici. E ciò vi aviene perché temete lui e amate il prossimo. Onde i di vostri saranno tali quali gli desidero io, che giudico lo stato, in cui vi trovate, di molto maggior felicitá che non è quella d’un principe, che tanto vive quanto sepellisce denari, e, mentre con grande ansia attende a comulargli, divicn servo de la istessa avarizia. Talché piú vale il riso, che vi trae dal petto una baia che si conti da coloro che vengono a intertenersi ne la vostra abondanle speziaria, che la copia de le sue povere richezze. Si che non deviate dal vostro proceder lieto, peroché sol colui gode il mondo, che si risolve a non l’avere a ereditare.

Di Vtnezia, il 5 di luglio 1541.

DXCIX

AL SIGNOR GIULIANO SALVIATI

Non ha ricevute le due lettere che il Salviati dice di avergli scritte. Della tenace avarizia di Cosimo de’ Medici si preoccupa poco, perché, in grazia dei sussidi di altri principi e di ciò che gli procaccia la propria penna, può menare vita da gran signore. Se ne la mia mano propria fosser pervenute le due che per via del Corbolo, spendido mercante, dite avermi indrizzate, non altrimenti che adesso per me vi si risponda a queste, alora da me vi si rispondeva a quelle. Conciosiaché sono obligato a farlo per rispetto de lo esser io suto creatura del magnifico Agostin Chisi, che vi fu suocero, e per amor de la dimestichezza ch’io ebbi con il signor Giovanni de* Medici, che vi era zio. Benché, senza il depender voi da la grandezza de l’altro, mercé de le istcsse qualitá, meritate qualunche onore vi posson dare gli scritti altrui. Or, per tornare a l’opra di Santa