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condizione che è il sole col giorno, alora che il suo occhio, violentato dagli accidenti dei nuvoli, non può consolarlo coi raggi del lume solito.

Di Vinezia, il 26 di aprile 1541.

DXCI

AL MARCHESE DEL VASTO

Gli raccomanda caldissimamente Gian Francesco del Saracino, . die si trova in grandissime ristrettezze. Da che Iddio mi ha dato di esservi servitore, se per me non si facesse l’uftizio, che per il pur troppo magnifico Saracino vengo a fare, mi parrebbe ingiuriare il buono tle la Eccellenza Vostra e il grato de la natura mia, perché si dovuta opera è onore di voi, che gli sèie padrone, e debito di me, che gli sono amico. Olirá di ciò, non so chi si comeltessc maggior peccato: o voi a non aiutarlo ora che egli è a lo estremo, o io a non pregarvi che lo aiutiate inanzi ch’ei non possa piti. Certamente l’uno saria aito inumano e l’altro caso crudele, peroché, la sua generositá è suta si pronta nei cenni de le vostre occorrenze e si larga nei servigi de le mie necessitá, che voi sè’.e tanto obligato a sollecitar di sovvenirlo quanto io tenuto a supplicarvi che lo sovveniate. Conciosiachc il conservargli il nome del credito solito fará piú prò al repentino di quei bisogni, in cui solete talora incorrere mercé de le continue splendidezze, che non fa la capanna d’un pastore e l’albergo d’un villano al re di Francia, quando, nel piú bello de le cacce che lo raggirano. è sopragiunto da la notte o assalito da la tempesta. Ma poniamo che sia per non vi accader mai alcun luturo incommodo; onde il prevalervi de le facultá sue non vi venisse a proposito: non debbono i quatordici anni, che egli ha speso in servirvi e in adorarvi, ritrar da la magnanimitá di Vostra Signoria illustrissima, nonché una discrezione atta a ristorare i