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a la Eccellenza di don Luigi e la Signoria di Idiagues; imperoché, s’egli avviene che non si provegga ai miei casi, io diventarò nulla, ed, essendo niente, non potranno piú prevalersi de la servitú de la lor fattura. Or io vorrei sopra ogni cosa inchinarmi al vostro gran suocero, il qual tengo in somma riverenza ; ma noi faccio, per non parer che, sotto ombra di basciargli la mano, gli vogli ricordar la promessa.

Di Vinezia, il 27 di marzo 1542.

DCLXXIV

A MESSER NOFRI CAMAIANI

Che il Camaiani, studente, gli abbia inviato in dono un capretto, è davvero cosa da non credere. Io non so qual sia piú smisurato, o lo stupore preso da me per conto del presente fattomi, o la maraviglia in voi concetta circa il non avervene ancor ringraziato. Veramente il mio si avanza tanto sopra l’ammirazion vostra, quanto la vostra splendidezza supera qualunche generositá vede il di d’oggi nei petti de la studente gioventú. Ed è certo che il non vi rispondere fino adesso è proceduto dal non potere pur pensare come sia possibile che uno scolare errante (ché cosi debbon chiamarsi tutti) mi abbia presentato; per la qual cosa comincio a credere che l’etá de l’oro ci è poco discosto. Questo dico, per esser piú presto di lor natura, di lor instinto, di loro ispasso e di lor prefessione il tórre che il dare ; e di qui nasce che ciò che vendono, ciò che comprano e ciò che acattano è venduto, comprato e acattato con poco utile di quegli che si arischiáro a traficarsi con essi. Che piú? fino a l’usura gli fugge; ché ben sa ella che gli scolari son di spezie di sbirri, di mercatanti, di soldati, di rigattieri, di zingari, di frati e di preti, onde, rimescolate le qualitá dei predetti insieme, guarda la gamba. È vero che lo studio de le leggi, circa il fatto de la pecunia, gli rende casti e sobri. Io, per