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proposito di voi, che, col mandarmi tuttodi versi in voce che io non intendo, adulate talmente a la mia ignoranzia, che, se non che io la confesso, ella si reputava ottima interpetre de la lor latinitá. E sarebbe facil cosa che se Io desse ad intendere, poiché tal credenza è oggimai comune a ciascuno. Egli non è dubbio che de le tre oppenioni, che si aveva sopra lo ingegno che mi tien vivo il nome, il tempo ha confutato quella, che, vedendo che in me non erano lettre, giudicava le mie composizioni sciocchezze; e quell’altra ancora, che, nel trovarle pur di qualche spirito, le affirmava per opre altrui: onde è rimasta sol questa^ che vòle che io, che non ebbi mai precettore, sia consumato in ogni scienza. E tutto procede da la povertá de l’arte, che sempre invidia la ricchezza de la natura, da la mente de la quale tolgo i concetti da me espressi ne le materie ch’io noto. Si che, se voi séte del numero di coloro che, per tornii la grazia di lei, mi danno la dottrina de lo studio, isgannativi; ché per Dio a pena intendo la lingua con che nacqui. Io con essa favello e con tale scrivo, peroché anco Fiatone e Aristotele, anco Demostene e Cicerone, ancor Omero e Virgilio iscrissero e favellorono con il lor natio idioma. Or, per venire a le gioconde, a le argute e a le amorevoli carte, che in piú e in piú volte ho ricevuto da voi, dicovi che mi sono state care, come mi sogliono essere gli avvisi dei nobili, degli stimati e degli antichi amici. Per la qual cosa le riguardo, le apprezzo e le riserbo come pegno, fede e memoria de la nostra stretta, vecchia e conforme benivolenza. Si che continuatemele. non dando punto cura al mio di rado rispondervi, conciosiaché il pigliar de la penna per sodisfare a chiunque io debbo mi è di piú molestia che non è a l’avaro l’aprire de la borsa, quando la giustizia lo constringa a pagare i debiti propri. E, se talora la vergogna de l’ozio me la pone in mano, bisogna che io la rivolga negli interessi del popolo, iniperoché la gente si ha posto in animo che niuno, per grande che sia, abbi fronte di contradirmi; e cosi spendo il tempo in raccomandar questo a quello, colui a costui e costoro a coloro.

Di Vinezia, il 6 di novembre 1541.