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DCXXVIII

A DON LOPE DI SORIA

-Gode che le voci insistenti della caduta in disgrazia del Soria sieno infondate o assai esagerate. Perché la contumacia, che si è detto che Vostra Signoria aveva con Sua Maestá, è suta da me tanto men creduta quanto l’ho piú intesa, non mi rallegro altrimenti de Tesser voi nel grado di prima con la riputazione solita. Conciosiaché uno uomo de la esperienza, de la integritá e degli anni vostri non torce mai il giudizio da l’andare dei buoni ; anzi ne le violenze, che inverso la sua boutade usa la calunnia, si acquista il titolo di perfezzione, avenga che la invidia dei maligni fa fede del dritto operar dei giusti. E però tutto quel di biasimo, che le persone inique si han creduto darvi, vi risulta di modo in gloria, che gli séte quasi tenuto, come a la natura del vostro proprio ben fare. Si che vivete lieto e ringraziate Iddio, che non solo ogni di vi prospera, ma di continuo vi rende piú certa la speranza di maggiormente prosperarvi. Di Vinezia, il 6 d’ottobre 1541.

DCXXIX

■t AL CONTE PIERMARIA DI SAN SECONDO Lieto che il Sansecondo, vinte le mene dei suoi maligni nemici, sia tornato in grazia al re Francesco, non dubita che si condurrá da degno nipote di Giovanni dalle Bande nere. AT sentir del grido, che divulga con qual grado e con quanta riputazione voi, signor, séte condotto dal re cristianissimo, la mia atTezzione, la quale nel vagar del vostro valor grande parca dormire, si è talmente desta, che mi è suto forza notificarvelo con