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circa l’onore che me ne pervenga, la mia qualitá se ne risente con la sofferenza de la modestia, percioché uno animo nobile si vergogna di leggere dove vi par ch’io legga. Non nego la consuetudine, la quale dá si fatta perminenza a quegli che altre volte ci hanno riseduto; ma dico che il rivolgere l’ordine di cotal decreto sará di vostra prudenza e di mia consolazione: perché, voi nel rinovare il costume, lo illustrareste; e io, nel vedermi in seggio libero, me ne sodisfarei. Oltra ciò, è opera graziosa il rilevare uomini. La potestá, che vi è data da la religione e dal merito, offende il proprio potere, astringendosi a leggi vecchie e simplicemente instituite. E vi risolvo che si pecca nel seguitare che il luogo, in cui sto senza averci luogo, si transferisca dai priori passati ai presenti, perché si dimostra in ciò che un tal grado è senza principio come Iddio. Ma, avendo avuto cominciamento, che male è il farmi simile a colui che ci sali in prima? Si che la benignitá de le Riverenze Vostre riguardino la condizione del lor minor fratello; percioché è cosa piú pia il dar l’essere a chi non l’ha che non è empia il tórre ad altrui quel poco che egli è. Io mi contentava del stato nel quale mi viveva, e a le Paternitá di voi piacque onorarmi di titolo; onde mi sottomessi al cenno de la ubbidienza. Ma, da che la degnitá mi nota d’indignitade, vi rendo il vostro uffizio, acciò mi rendiate il mio studio e perché non paia che me lo aviate concesso per Svergognarmi.

Di Vinezia, il 12 di luglio 1538.

CCCLXXXVII

A RIESSER LEONARDO BARTOLIN 1 Lo esorta a sopportare virilmente l’esilio. A voi gloriosa e a noi memorabile è la soma de la pazienza, che si gran tempo, onorando fratello, senza punto respirare, avete portata in sul dosso, ramingo de la peregrinazione. Per