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CCCXLVI

A MESSER DOMENICO DEI CONTI

È dolente di un equivoco sorto a proposito dell’invio d’un libro: forse il primo libro delle Lettere. Qualunche altra cagione vi avesse, o caro figliuolo, mosso a scrivere quello che per voi mi si scrive, mi saria suta oltramodo gratissima; ma il parer ch’io abbia dato orechie a la bugia per cosa, che, come non è, non potrebbe mai essere, me ne fa rincrescere. E, per dirvi, il medesimo Gian Iacopo, intagliator di gemme, che mi diede l’aviso del presente, mi ha avisato anco del contrario. E ciò, che prima dissi al Ricco, feci per certificarmi se il libro, che mi promesse portarvi l’amico, vi era pervenuto ne le mani. E non me ne maraviglio, perché la gentilezza de la maggior parte dei mercanti è la vilania, e apresso di loro non è di merito se non il furto, che essi battizzono «guadagno». Come si sia, io per via di don Lope di Soria ne ho a la vostra reina mandato un altro, e ne sto spettando l’esito. Intanto sono a Vostra Signoria quel che sempre le fui.

De Venezia, il 5 di giugno 1538. »

CCCXLVII

A MESSER ALBERTO MUSICO

Lo prega di consegnare una lettera al re Francesco. Poiché la dolcezza de la vostra natura e de la vostra virtú, la quale trae l’origine dal soave de la musica, di che séte lume, vi ha fatto si caro a Sua Maestá e al mondo, mi godo de l’amarvi con l’affetto, con che son certo che amate me. Onde non vi sará se non grato il presentare al re Francesco la lettra,