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10 ad ogn’ora scrivere a voi, capitan valoroso, e del continuo visitare la vostra consorte veneranda. Dirò bene che, spronato in ultimo dagli oblighi ch’io tengo con le case di l’uno e de l’altra, doppo lo avere visitato lei, a voi scrivo, lodando Cristo, 11 quale mi ha dato condizion tale, che, si come la bontá vostra e la sua non si possono pentire dei benefici concessimi, cosi io non ho da vergognarmi di avergli ricevuti. Veramente il piacere provato dai padroni benigni, mentre reveggono i servitori di buon nome, aggiugne a quel che sentono i servitori venuti in qualche riputazione nel rivedere i padroni cortesi. E ciò si scòrse ne la fronte di voi, il di ch’io venni a basciarvi le mani a San Felice, e nel sembiante di colei che vi è moglie, tosto che le feci riverenza a la Giudecca. Il sereno de la letízia, da me compresa nel viso di tutti due in quello istante che vi fui innanzi, mi dimostrò quanto vi piaceva lo esser io diventato, non vo’ dir famoso, se bene il vantarsi è cibo de la istessa lode. Benché non ha paragon l’allegrezza gustata dal mio core, subito che la imagine del signor Valerio e la effigie de la signora Giovannamaria mi si rappresentarono ne l’aria de figli de quello e ne le ciglia de la prole di questa. Vedesi nel volto de le femine l’onestá, la modestia e la venustá de la lor madre nobile ; e ne la faccia dei maschi la discrezione, l’ardire e la prudenzia del lor padre illustre. Ma, per avere tale fanciulle e fanciulli si fatti i modi e i costumi di chi gli ha e generati e partoriti, referitene grazie a Dio, perché il rinascere ne la sua progenie è uno essere che vive con duplicata natura.

Di Vinezia, il primo di marzo 1540.