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spedale, onde par che gongoli, vedendo le ricercate fatte da colui e da costui intorno al colarino di quel pezzo di camiscia che non può coperirgli le carni. Or amatimi secondo il costume de la Vostra reverendissima Signoria, a la quale mi raccomando.

Di Vinezia, il primo di febraio 1540.

CDLXXX VII

AL MAGNIFICO MESSER VICENZO FEDELI, ORATORE A MILANO I meriti del Fedeli sono tali, da farlo veramente degno della benevolenza del senato veneto e dell’amicizia di quell’uomo unico che è il marchese del Vasto. Se io fussi un di quei consumati ne l’arte usata da la satraparia, mentre cerca che il lungo e il numeroso de le clausule col verbo in ultimo facci armonizar le prose, io mi metterei a comporre una di quelle pistole osservatrici de l’ordine, che non guari, chente egli si sia, è per comparire ne le carte. Peroché chi ha qualche spirito di natura, non tiene uopo de la stitichezza, che lambicca a gocciola a gocciola alcune paroline si magre, che non solo vituperano i concettuzzi, che pur vorrebbono esprimere, ma intrigono altrui di sorte, che chi legge i sogni loro, sogna ne la maniera che sognano essi. Onde vi dico che vi degniate, caso che i dotti biasimano la semplicitá di questa, che vi mando in cambio di visita e non in forma di lettra, fargli intendere ch’io risposi al Tasso, circa il parergli che le mie cose mancassero de la regola: «Io, fratello, non ho arte, per non essere bergamasco». Ora, come si voglia, da me si scrive a voi per notificarvi che mi ramento de la cura, che, avenga che tra noi non si vedesse la famigliaritá de l’amicizia, sempre teneste degli interessi miei. Per la qual cosa, non potendo pagarvene con altra gratitudine, tuttavia debbo predicare nonché confessare la obligazione di ciò. Benché la umanitá de la gentilezza, che vi essercita il pronto de la