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del vostro Pietro, che ne ha ducento da lo imperadore, il re me ne dará quattrocento? — Stupiròne — rispose messer Iacopo; — ma, fino che non appare altro, vo’ farmene beffe. — Nel referirsi al Serlio, eccellenza de l’architettura, che il mastino gli aveva dato fama nei suoi scritti, rispose: — Ben ne vado io, se non mi toglie quella ch’ io ho. — Intendendo il Marcolino, lealtá de l’amicizia, che il briaco, sgongolando nel vedere stampate le sue bagatelle, aveva detto: — Al forlivese il pane e a lo Aretino il credito aggio tolto ’lloco, — rispose: — Se il mio pane e il credito del compar non fosse stato, il Franco sarebbe guattero. — Che vi parse, quando il matto spacciato si mise a contrastare col Fortunio, riputazione de la dottrina e onore de la eloquenzia? Chi ha visto un serpe rotto ne la schiena, il quale, benché non possa moversi, non resta di vibrar la lingua, di alzar il capo e di sputar veleno, vede il ghioton da forche, sdossato dal piè de la istessa invidia, latrare come un cèrbaro, anzi ne la maniera che il doloroso si fece udire, quando la famiglia del signor Giangiovacchino gli diede tante trippate quante lettre lo sfacciato aveva, con la temeritá sua, finto di scrivere al re di Francia. Siano benedette le man del Veniero e dei compagni, i quali, inteso che il cerretano diceva che, non per laudar gentiluomini, ma perché i celebrati da esso comperassero le sue merde, gli aveva posti in canzone, diedero, a quattro ore di notte, con le fibbie de le proprie cinture, un cavallo al furbo di innumerabili staffilate ! Ma non siam noi cristiani? non aviam noi anima? E, se siamo e se l’aviamo, moviamoci a dismorbarlo da la paglia, su la quale, involuppato in un pezzo di canavaccio, stassi specchiandosi le ferite senza niun sussidio. Disse il buono Stampone a uno scolare, che gli dimandò chi era l’autore che chiacchiarava in pistolacce da banche: — Egli è una cornacchia, che vorria pur cinguettare coi detti Aretini, ma non ci ha una grazia al mondo. — Or forniamola nel Dragonzino, imitato da lo assassino. Il galante giovane, sapendo che il dissoluto biasimava le arguzie del suo Lippotopo, disse: — Se non che mi vergogno a impacciarmi con si dissonesto traditore, gli darei tante bastonate quante gliene