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nobile, letta ch’io l’ebbi con riverenza, la locai con cerimonia dentro il privilegio sacro, dedicatomi a la memoria de l’alta bontá di Carlo imperadore, il qual tengo ne l’una de le coppe d’oro, che la cortesia del sempiterno Antonio da Leva giá mi donò. Ma, perché è peccato l’avere speso cosi caro e laudabil tempo in rispondermi, dico che mi era pur troppo favore Tesservi inclinato ad accettar la mia, scrittavi non per avertirvi ne la pittura del Giudizio., ma per risolvervi come non si può imaginar cosa che non sia minore del vostro’ operare. Certamente voi séte persona divina; e perciò chi ragiona di voi, favelline con un dir sopraumano, se non vói far fede de la sua ignoranza, o mentir nel parlarne a la domestica. Ora io recevo per un singular presente la licenzia che mi date de lo scrivere parte di quel, che sapete, nel modo ch’io so. E, perché ne vediate il principio, eccovi il volume, in cui, per onorarmi con la gloria del vostro nome, mi sono in molti propositi di lui valuto. Ma non debbe la devozion mia ritrare dal principe de la scultura e de la pittura un pezzo di quei cartoni, che solete donare fino al fuoco, accioché io in vita me lo goda e in morte lo porti con esso meco nel sepolcro? Io so che la soperbia di tal prego non disdegnará la eccellenza de l’amico pregato, e perché è de gentil sangue, e per non far bugiarde l’offerte che di sé e d’ogni sua cosa m’ha fatte.

Di Venezia, il 20 di genaio 1538.

CCCXXXIV

AL SIGNOR BINO SIGNORELLI

E contento che l’amico si sia trasferito a Firenze, e lo incarica di salutare il duca Cosimo, Rodolfo Baglioni e il capitano Panta. Non ci voleva minor mezzo che la vostra lettra e Tesservi transferito in Fiorenza per reconciliare lo sdegno, nel quale aveva posto la mia affezzione il partirvi da me senza farmene