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al cielo, gridano: — A che fine gettargli coi tali e con i cotali? — Io vi giuro, per la riverenza che io ho a le illustri qualitá del signor proposto, parente del Molza, lume del nostro secolo, che la venuta in coteste parti di colui, che fuor del mio credere pur ci venne, è stata di sua presunzione; e di ciò faravvi fede Gian Iacopo Veronese, a voi cordiale servitore e a me perfetto amico. Ma non mi spiace poi che la inclita Bona ha mostrato segno di caritade sopra la mia servitú : la qual cosa mi è suta cara come la profusa liberalitá del buon Ferdinando, la cui non nata larghezza, nel far porgere il bel dono a Paolo, giurò che non gli era rimaso altretanto. È vero che vi scrissi per lui, ma ciò feci per levarmi dinanzi la importunitá del disgraziato, non istimando che egli dovesse passar si oltre; e, tenendolo per fermo, non indirizzai lettre mie a la Corona di colei, che ha pur compresa la condizione del predetto. Non conobbe il magno macedone la fanciulla notrita di veleno, mandatagli d’India per atoscarlo, mercé de la eccessiva bellezza, di che ella splendeva. Ma la Sua Maestade ha ben conosciuto il goffo; né gli è giovato il vestir di ricamo, né il mascararsi col titolo di mio nipote. Come si sia, i gran maestri si compiacciono nel compartire le proprie potestá fin coi notari, preponendo sempre i pravi agli ottimi ; e io ho voluto una volta che il mezzo de la virtú non solo introduca a la presenza dei re il mio barcaiuolo, ma che le reine paghino trenta ongari, da lui mangiati in otto di su l’osteria. Benché io ho sconto il tutto, percioché la vilania de la sua naturai tristizia, che doveva rubarmi, mi ha messo a sacco, con la giunta di negare la chinea, che la Vostra singular Mercé si degnò mandarmi. Pur io, che veggo, non la gran volontade, ma i grandi effetti di Vostra Signoria, lasciarò memoria del mio esserle tenuto ne la maniera che io sono a lo eccellente Carabo, la cui amorevolezza mi è suto cortese di due medaglie, opere de lo stile suo. Ne l’una è la sopraumana effígie de la reina, e ne l’altra l’onorata imagine vostra: onde non trapassa ora, che quella non inchini e questa non vagheggi, percioché nel disegno di tutte due appare il vivo e il vero. Or voi degnarete, doppo