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A MESSER FRANCESCO GRITTI

» Bravo! Non sembra mai un giovanetto che esca per la prima volta dalla patria. Ma badi a imparar bene il mestiere delle armi, dal momento che è sotto Cesare Fregoso, il quale insieme col fu Guido Rangone e Luigi Gonzaga avrebbe potuto cacciare i barbari dall’Italia. Essendo io, figliuolo nobile, mercé de la etade, di qualche sperienza, ho preso due e tre volte la penna, con intenzione di avertirvi un poco circa il modo che la vostra peregrinazione dee tenere in conversar ne la servitú dei signori e ne l’amicizia de le persone. Percioché un giovenastro uso a non salir mai altre scale che le paterne, né mai praticato con altri che coi discesi de la linea sua, e dimesticato solo con i compagni fattisi ne la patria, tosto che la fortuna gli trae il piede del luogo natio, transferendolo ne le contrade forestieri, non suole esser punto differente da un pastore non piú uscito de la villa, isforzato de la necessitá a rimanersi la sera non pure ne la cittá, non ancora veduta da lui, ma tra le magnificenzie de la casa dei padroni suoi; onde egli, raccoltosi ne la solita rustichezza, stupido tutto, ha vergogna fin di aprir gli occhi. Veramente mi pareva che fosse di mio ufizio il dirvi alcune cose apertinenti a l’avertenza predetta. Certo egli era debito di me, si perché vi amo con abondanza di affezzione, si perché vi disidero grado di onore. E lo averei fatto senza piú indugiarmi e con tutto il core, se ne le vostre lettre, scritte gravemente, familiarmente e giocosamente, non mi accorgeva che voi non ne avete punto di bisogno. Come è possibile che uno, ii quale, oltre l’avere piú stille di latte in bocca che peli di barba al mento, è sempre visso con la madre e dentro al seno di queste acque, cosi garzone come egli è, se ne abbia portato seco le piacevolezze de la cortigiania e l’animositá de la milizia? lo veggo, nel procedere de lo scrivere che fate,