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parole, con le quali in Padova mi assicuraste del dono. O santo imperatore, quanto son io tenuto al magnanimo de la vostra liberalitade, la cui perfezzione provide a le mie fami prima che io ci pensassi, e per piú mercede l’altissima consorte di voi ci aggiunse la gran catena d’oro! Ora, benefattor mio, se ben séte ne la patria, piacciavi di introdurre, col mezzo de le vostre lettre, non il mio creato al re dei romani, ma il Genesi , che egli porta, a la corona di si religioso principe.

Di Vinezia, il 4 di marzo 1539.

CDXXVIII

AL SIGNOR CASTILEGIO

Gli rivolge la medesima preghiera fatta al vescovo di Trento. Sapendo voi che il giovare ad altri è arte de l’uomo gentile, avete, come persona nobile, posto il fine de la dilettazione in rilevare altrui. Onde io, che vi veggo alzare al cielo mentre sostenete il cadere de le virtú, indirizzo a la Signoria Vostra il messo mio, a ciò porga il libro santo a la Sua Maestá sacra. E, perché chi fa opere giuste è giusto, come anco chi le fa caste è casto, son certo che la bontá di Quella usará col bisogno mio la caritá del favor suo; e tanto piú me ne assicuro, quanto meno solete fingere gli atti de la gentilezza. Molti sono quegli che aiutano i virtuosi con le parole, ma pochi gli soccorrono con gli effetti. Perciò coloro, che paiono cortesi solo per ascoltare le magnifícenzie de la corte, simigliano quegli infermi, i quali attendon diligentissimamente a quello che dicono i medici, e poi niente osservano di ciò che se gli ordina, talché i corpi loro si dilungano da la sanitá piú che non si discosta da la laude il nome di colui che favorisce i miei pari con la dimostrazione. - Ora io non dirò altro de la promessa, che giá mi fece il gran fratello di Cesare, perché la Sua