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convenga: ché, se non fusse la infamia, che in sul nome e dei suoi e di sé reccarebbe il non darne cura, egli lo lasciarla passare ne la gioventú di qualunche del suo parentado si sia. Ma non lo fa, per ischifare, come dico, il pregiudicio che gliene risultarebbe, se ne la openion del vulgo rimanesse il perché tra i suoi cittadini se gli levasse il primo luogo d’onore. Or io non andrò piú oltre circa ciò, perché son certo che la Signoria Vostra, col far atto degno de le sue prudenzie, acquetará lui, che la ricerca del giusto, e sodisfará me, che la prego per l’onesto.

Di Vinezia, il 15 di decembre 1538.

CD XXV

AL SIGNOR DON LOPE SORIA

Gli dedica i versi in morte di Francesco Maria della Rovere duca d’ Urbino (lett. cdxxvi). Io dedico a la degnitá vostra la piccola somma dei versi composti con lo effetto del mio cordoglio ne la perdita di quel principe, di cui foste amico e io servo. Ma, se io non so raccontare i meriti di lui a voi nel modo che egli seppe narrare le qualitá di voi a me, non è maraviglia, percioché Sua Eccellenza, operando con l’animo d’Alessandro e parlando con la lingua di Cesare, era ne l’opere e ne le parole e Cesare e Alessandro. Onde ne vado toccando quel tanto che si comporta nel poco del mio intelletto minimo, il quale accettarete con il core ch’ io vel dono.

Di Vinezia, il 15 di genaio 1539.