Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/87

in un giorno; e dove non aggiungono le tue forze, arriva la tua bontá, per la qual cosa non domini meno animi che terre. Io, o Cesare, che noio Toccupazioni de le tue somme faccende con le mie basse parole, lo faccio per vantarmi d’averti scritto or che sei eletto a l’immortalitá; perché, quando sarai consacrato a la deitade, non mi sará lecito di farlo, e bisognerá ch’io ti porga voti e non carte. Insomma non si nega che la Vostra Maestá non meriti gli altari e i sacrifici e che non abbia parte in cielo come gli altri iddii ; ma pare agli scrittori che i peregrini vostri fatti non possino durare al par del mondo, se essi non ne fanno memoria, e dicono che le penne e le lingue, che s’arinano d’uno acciaio e d’un fuoco che sempre taglia e sempre arde, sono atte, militando per gli onori vostri, ad allargarvi tanto i confini del nome quanto i capitani, che avete, i termini de l’impero. Sano e altissimo in ogni occasione è il giudizio cesareo, ma in non allettare gl’inchiostri con i doni vince se medesimo, lasciando cotal cura a chi ha bisogno chele altrui prediche lo faccino parere. Alessandro magno, nel vedere il sepolcro d’Achille, sospirò de l’invidia ch’ebbe per chi nc cantò, desiderandolo egli, perché i suoi gesti hanno piu fama che gloria. Ecco il primo Cesare, che fece i commentari in laude sua, occultando dentro a la grandezza de lo stile molte di quelle cose, che s’altri ne scriveva, gli arebbe fórse scemato lo splendore. Ma, conoscendo la Divinitá Vostra che la menzogna è la madre de l’istorie, le quali per lor natura aggiungono a quel che fu e a quel che è, avanzandovi tanti onori che bastano a ogni futura etá, volete che i vostri miracoli, lasciati di generazione in generazione come legitima ereditá degli uomini, vivino per lor vertú proprie e non per l’altrui dicerie. Adunque io aspetto di consolarmi con la cortesia augusta, senza che i miei scritti sieno obligati a pagargliene usura. E qui bascio quelle invitte mani, destinate a por le catene de la servitú a le braccia di tutto l’Oriente.

Di Venezia, il 4 di giugno 1536.