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ne ringraziaremmo la sorte, perché nel moverle ci insegna a conoscere il cielo e a farci beffe del mondo. Oltra di questo, se io, che son debile in ogni parte de l’animo, ho sofferti in un tratto tre colpi dal fato, per che cagione voi, che l’avete si forte, non dovete rappacificarvi col duolo, soffrendone uno? Cadde, tronco dal ferro, il gran Luigi Gritti ; seguitollo, abbattuto dal veleno, il solo cardinale De Medici; e ora, per farmi rovinare sotto il peso dei danni, è occorso il fine di Sua Eccellenza. Il quale si può dir beato, perché egli, che cominciò a peregrinar di sei anni e prima conobbe l’essilio che la patria, dopo tanti scompigli di gente, dopo tanti avcnimenti e di guerre e di morbi e di carestie, dopo tanti travagli e degli aderenti e suoi, dopo le aftíizzioni che la necessitá dei tempi ha date ai popoli che l’ubbidivano, nel piú quieto Stato che si possa desiderare, nel piú caldo amore che gli potesse portar Milano, tutto sicuro, nel maggior sentimento, ne l’amicizia di Cesare, con grazia d’Italia, non consumato da la vecchiezza, ha renduto Io spirito a chi gliene diede; e cosi, senza strepito, senza paura e senza odio, ha lasciato ne la successione il piú giusto, il piú alto e il piú fortunato imperadore che mai fusse o che mai sará. E diasi a Francesco Sforza ogni laude e ogni gloria, perché egli con la vertú del suo senno ha conculcato la fortuna, morendo e dove nacque e principe. Si che, signor mio, rallegrate con il solito sereno de la fronte i cori, che vi riveriscono con l’afTezzione che vi riverisco io; e sia vostro refrigerio la felicitá ne la quale è mancato un cosi fatto personaggio. Dimostrate a Sua Maestá che vi sia tanto piaciuto l’acquisto che ha fatto di cotesto Stato, quanto vi è dolta la perdita di lui ; e godetevi de la fede inviolabile che quella scorge in voi, onde è sforzata a ricogliervi nel grembo del suo divin favore. Sia la consolazion vostra la fama che, per le lingue de la milizia, de la dottrina e de la nobiltá, arrichite da la vostra cortesia, fa tromba di voi in ciascun luogo; e, non dando cura a quel che ci guasta il tempo, ci disperge la sorte e ci sepellisce la morte, ritornino i pcnsier vostri nel primo essere. E non mescolate piú amaro ne la dolcezza de la P. Aretino Lettere - 1. 5