Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/64

una complessione si generosa, si affabile e si tenera de l’onor, de la necessitá e del sangue dei suoi domestici? Non lagrimate voi, quando vi cade nel pensiero la dolcezza che ci penetrava ne l’animo, mentre egli compartiva con noi i suoi cavalli, i suoi danari e i suoi vestimenti? non iscoppiate voi nel pianto, pensando che sempre gli fuste amico e compagno? Io, per me, tenni sempre le sue collere grandezze di mente, c non furori; e lo sa il mondo che chi non era codardo gli vedeva il core non sol, regnava seco. Quanti si hanno voluto usurpare il nome suo con la bravura e con gli ammazzamenti, che son dati giú? Naturale e di suo costume era ogni accidente, che lo moveva a fare e a dire; e solo i coraggiosi teneva per ricchezza. Quanti ne ho io veduti comparirgli inanzi a piedi, stracciati, soli e con gran fame, e ivi a tre ore aloggiati, a cavallo, vestiti, con servitori e sazi! Egli era il vero interprete de la fisonomia militare, e ne le linee de la faccia e de la fronte comprendeva l’altrui animositade e l’altrui viltá. E perciò, sendo stato il nostro fratello acettato da la sua amicizia ne l’ordine dei gentiluomini, non pò se non vincere con ciascun che egli combatte; e tuttavia che io oda la fama de le sue opere, mi sará piú caro che nuovo. Or Vostra Signoria si mova a comandarmi, quando sia ch’io possa dilettarvi o giovarvi.

Di Venezia, il 28 di aprile 1535.

XLVII

AL MAGNO ANTONIO DA LEVA

Meglio negare presto, che promettere e mantenere tardi. lo vorrei, animo invitto, scrivervi a lungo, lodando questo nostro imperadore, la Maestá del quale è guidata da Dio, guardata da la fortuna, mossa dal senno e armata dal valore. Ma Tesser io stato eletto per arbitro in una disputa, dove ho da dire assai, me lo vieta. Io ho a sentenziare qual sia piú utile a