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XXXIII

AL GRAN LUIGI GRITTI

in Constantinopoli. Lo ringrazia dell’ordine dato a Marco di Nicolò di fornirgli quanto danaro gli abbisognasse. La comessione del darmi tanti danari quanti io spendo, che la Tua Signoria ha data a Marco di Nicolò, servo di Quella e compar mio, è stato un atto che non poteva nascere in altro petto che nel tuo. E hanno pur avuto giudizio le stelle nel dar ciocché elle avevano a te, che doni ciocché tu hai ad altri. Ma, se non ti basta di esser terzo a Solimano e ad Ibraim, spendendo parte del tesoro di tutti due, chi potrá mai riparare a lo sfrenato appetito de la liberalitá tua? Grande è il tuo animo, grandissima la tua bontá, omnipotente il tuo merito e smesurata la laude che te si dá per ciò. Ma, se il nome dei buoni dura piú che la vita, perché non gli date voi, o principi, lo spirito con la cortesia? che è una de le vertú superne, la qual perde Ponor suo, non si movendo in fretta, perché egli è proprio ufficio di chi dá volentieri il dar tosto; ché chi tarda a dare, noi fa di buon core, e, noi facendo di buon core, dando, è piú tosto avarizia che liberalitá. Ed è certo che chi dona, in quel mentre, diventa re in se stesso; ed, essendo cosi, tu imperi il mondo del continuo, poiché doni continuamente, parendoti piú reai cosa il far ricchi gli altri che te medesimo. Ma perché muore si tosto un Luigi Gritti? e perché indugia si tardi a nascere? e, se pur vive assai e nasce tosto, perché non esser in ogni luogo dove sien vertuosi? Guarditi Iddio da le fatiche de la guerra e dagli ozi de la pace, e a me dia grazia che mi facci grazia che la mercede, che ti è parso farmi, mi si paghi o in una o in due volte Panno. Il sopradetto mi ha dati a conto de la tua magnanimitá cento sultanini, che tanti