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con dirmi: — Almen sognass’io! — Ma non dubitare, fratello, ché ella andò per i suoi piedi. Maestro Apollo, al quale fui condotto inanzi non so come, aveva una de le mie teste in medaglia; e, subito che mi die’ d’occhio, aprendo le braccia, m’apiccò un bascio nel mezzo de le labbra tanto dolce, che non so chi disse: — Sassata! — Oh, egli è il bel fanciullone! oh, egli è bello! Certo, se Roma fusse stata ivi dormendo, come ci sono stato io, non c’era ordine ch’ella volesse mai destarsi. E forse che non è ghiotta di cotali erbe da buoi, tenere e lunghe? Egli ha due occhioni ridenti, una facciona allegra, una frontona ariosa, un petto largo, le piú belle gambe e i piú bei piedi e le piú belle mani che si vedesser mai; e tutto insieme (per dirlo profumatamente) pare una composizione d’avorio respirante, in cui la natura ha sparso tutto il rosato de le gole de l’Aurora. Insomma questo aguzzai ussuria mi fece far motto a le muse. E, postomi a seder fra loro, mi pareva essere a casa mia, con tante cacariuole mi acarezzava una certa céra di Cronica e un altro viso di Comedia. Ne lo starmi contemplando i cimbali, le cornamuse e gli altri stormenti, con che esse trapassano il tempo, ecco il buon Febo che sciorina su l’aria del Sdiamone due stanze de la Sirena , il suono de le quali mi fece piagnere non per la dolcezza di tali rime, ma per cosi ignorante subietto <*). La Fama cicala, che sopragiunse ivi, spezzò il canto. Ella, tosto che mi conobbe, entrò a giornear dei miei onori, di sorte che le raccomandai l’orecchie de le poverine, che, ascoltandola, si stavano per rompere. Onde la sua ciarlia, che è sine fine dicentes , mutò verso, e, recitando le lodi di Dio, composte da la divina Pescara, con alcune cose de la dotta Gambera, vi so dire che facea gongolare le madonne, tenendosi buone, essendo femine, che tali fussero cosi fatte. Dopo questo, madonna Minerva, che mi grappò dove ho detto di sopra, parendole pur ch’io fusse uno uom da bene, mi (i) Af*i «ma per le orríbili seeleratezze del marito in sesso degli uomini».