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CCLXXXI

AL SIGNOR GIANIACOPO LIONARDI

Fingendo di essersi trovato, in sogno, in Parnaso, loda i suoi protettori e amici e critica i pedanti. Ancora che l’imbasciadore d’un duca d’Urbino, il quale sta sempre desto, non s’intenda dei sogni, ve ne apicco uno a le spalle, tanto bestiale, che saria troppo a Daniello. Istanotte, non per superfluitá di cibo né per occupazion di malinconia, ma per colpa de la solita spcnsieraggine, dormendo a la bonissima, ecco a me quella gentil creatura del Sogno. Ed io a lui: — Che c’è, ser Girandolone? — 11 monte di Parnaso, 11 qual vedi lá, — mi rispose egli. Intanto io me gli trovo ai piedi; e, guardando insú, parvi un di coloro che considerano le diflicultá di San Leo. Ma è una favola la diavolaria del salirci: il fatto sta ne la facilitá de lo scendere. Da le ripe del monte, dove san Francesco ebbe le stigmate, cascon masse di terra e sassi insieme e arbori diradicati; ma di lassú rovinano le cataste degli uomini, e con si ladra baia, che è una crudeltá e uno spasso de l’altro mondo il vedergli agrapparsi a quello sterpo e a questo, sudando e cacando il sangue. Alcuno, che la crede la via de l’orto, par colui clic, volendo salire per il muro, per segnarlo bene insú col carbone, dá di matte piattonate con la persona ne lo spazzo; altri, giunto al mezzo, si ferma senza poter piú. Chi fa la gambetta a quel che gli passa manzi ; altri, tutto rabbioso, morde quel che se gli apressa. Alcuno, nel vedersi poco men che in cima, se ne vien giuso come un di quegli che, nel porger la mano ai capponi, scorsagli sotto i piedi la corda, piomba giú del legno insaponato, per la qual burla il popolo introna l’aria con i fischi e con le grida; altri, nel percuoter la testa sotto le natiche del fariseo clic gli sta sopra, vien ne la rabbia che movon coloro che amazzon le gatte col capo. E di tutto è cagione una ghirlanda, simile al cerchio d’una osteria.