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il gran numero dei nepoti, che con amor paterno, in cambio dei figliuoli che non avete, con somma letizia de la vostra ottima e valorosa mogliera, tuttodí maritate; per la qual pietadc Cristo vi radoppiará gli anni e la contentezza del corpo e de l’anima.

Di Venezia, il 25 di novembre 1537.

CCLV

A MESSER PIETRO PICCARDO

Prende in giro lui e monsignor Zicotto. Io mi credeva, farairónfera ! che voi foste a cicalare a Roma, e voi sòie a santificare il benefizio del mio monsignor Zicotto, arcipapa di Coranto; e quel che piú mi sgangara ne la consolazione, è l’intendere che vi fate portare come un paio di pontefici, dando giubilei, intimando concili e canonizzando santi. Oiccsi che bandite crociate, che assolvete voti e che gittate scomuniche molto bestialmente; e me ne rallegro, poiché riducete il clero sotto nuova monarchia, castrando e sbarbando le sòtte degli ipocriti, consolando con regressi, riserve e spettaiive ogni turba errante: onde non pò essere che il prete Ianni non vi sfoderi adosso una filza d’imbasciadori; e forse il Turco, nel dominio del quale si congratula la diocesi del sopradetto, verrá a patti con voi. Perciò tenete la briglia in mano e fate si che la «sol fa mi re * del quondam Amichino vi spolverizzi in timpano e organo. Intanto Vostra Signoria reverendissima, che è bolsa, vada a barattarsi in qualche fiera; e poi cresimate, benedite l’ova e confessate i contadini, che non c’è pericolo. Ma non vi vergognate voi a farvi beffe di Verona, di Chieti e di tutte l’aslinenzie del mondo? Io tengo per certo che la felicitá e la beatitudine dei grandi sarebbe avere i vostri pensieri, i quali ondeggiano come una pezza di ciambellotlo. Ma chi non v’ha invidia è pazzo publico, perché voi avete una bontá tanto attrativa e una grazia cotanto penetrativa, che è forza che la gente vi corra dietro.