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quando intesi che la bontá di Vostra Signoria illustrissima aveva in animo di chiederlo al suo principe, con proposito di fidare ne la sua valente integritá la ròcca di Fiorenza, mi riebbi tutto, percioch’io compresi come nel petto vostro abiti la conoscenza de la vertii e la gratitudine del merito. Certamente che egli, per disciplina di guerra, per lunghezza di servire e per istabilitá di fede, è degno di favore e di preminenza; ché (oltra le facende fatte, si può dire, da la sua puerizia a Fressolone e ne la perdila di Roma, dove solo con la compagnia commissa nel suo coraggioso avedimento, combattendo con una sconcia ferita, dimostrò che pure in lui s’era transferito lo spirto di chi Io allevò) i costumi, la gentilezza e la cortesia di si splendido e generoso capitano avanzano la creanza di qualunche altro costumato, gentile e cortese giovane si sia. E da tali sue qualitá nasce il concetto buono, nel quale il tiene l’incomparabile duca d’Urbino, il cui pregio è tanto stimato dal mondo per cagion de la profonditá del suo giudicio, ch’io stesso mi attribuirei il nome di reo, non gli essendo in mente, come so che gli è ogni uomo che ciò merita. Io feci a l’Eccellenza Sua l’imbasciata che mi comandò la Vostra. E mi rispose, con tutto il consenso de la volontá che di compiacervi ha il cor suo, che nel luogo nel quale si locano i figliuoli ticn voi, e che ne l’occorrenze, senza niun rispetto, gli effetti ve ne assicuraranno.

Di Venezia, il 9 di novembre 1537.

CCXXVII

A FRANCESCO VITALI

Dá notizie della condotta d’Alessandro Vitali. Il proposito de l’affezzione, ch’io porto al vostro essere de la patria, fratei d’uomo ch’io amo e amico mio. mi spigne a dirvi con questa lettra che circa il procedere d’Alessandro riposiate quel core, che nei padri che hanno un sol figliuolo non riposa mai. Io non so in che andare si fusse, mentre si stette costi : so bene che egli qui da noi ha cominciato a caulinare