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e Alessandro dei Medici, non le bastando il furto fattomi del signor Giovanni e di Bonifazio marchese di Monferrato; i cui fini occidevano le mie speranze, se la bontá di Carlo cesare fusse stata tanto piccola quanto ella è grande. E, per ultimo ristoro, m’ha tolto quanta tenerezza, quanta dolcezza e quanta amorevolezza si potesse desiderare ne l’intertenimento de l’amicizia. Né sara mai il piú cortese, né ’l piú amoroso, né il piú cordial compagno. Egli era l’affezzione de l’affetto; e perciò la passione, ch’io ho del suo non piú essere, è cagione del mio non potervi raguagliare di che sorte sia lo stupore, nel quale le opre vostre hanno posto fino ai maligni, né si può saziar niuno di leggere né di essaltar le vivezze dei soavi, nuovi e candidi spirti loro. Esse sono tali, che fanno maravigliare, con sommo onor del vostro nome, la Fama, che ne ragiona.

Di Venezia, il 26 di settembre 1537.

CCVII

AL SIGNOR VALERIO ORSINO

Raccomanda due cittadini di Narni, suoi amici. Egli bisogna, padrone, circa il fatto di messer Bonifazio e del fratello, crescere un poco piú di buona volontá al buon volere che tenete d’abbracciar la lor servitú e i loro parziali interessi, perché son cose mie di tanto tempo e cotanto amorevoli, che, pigliandogli in protezzione, è di necessitá ch’io entri a parte de l’obligo che vi averanno in eterno. E, caso che il mezzo vostro acqueti i casi nei quali travagliano la vita, il sangue e la robba, faccendo fare anche il simile ai nimici, Iddio ve ne remeriterá e Narni, tribolata per cotali tabulazioni, ve ne lodará, perché si conviene a un dritto signor di render la pace e la patria a chi è in guerra e in esilio. Né si può far cosa piú onorata né piú pia che far ciò. E però, se una lunga e inviolabile affezzione, quale è stata e sempre sará la mia con voi e con tutta la gloriosa casa vostra, merita che se gli faccia