Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/206

fervenza d’amore, ch’io tenerissimamente porto a una figliuola, che mi ha dato Iddio per un solazzo de la pigra vecchiezza mia, che, dove andasse l’interesse vostro, mi parebbe versarci l’acqua spargendoci il sangue, e vi tengo nel core con la medesima preminenza che ci ha la servitú ch’io ho con Cesare. Ma io serbo gli amici come gli avari i tesori, perché, fra tutte le cose che ci fur concesse da la sapienza, niuna è maggiore né piú buona de l’amicizia. Ella è una onesta unione di eterno volere, e nei vertuosi e giusti uomini non ha fine, come non averá mai in noi, che, per tenerla sempre carica dei suoi frutti, amiamo. Io proverbiava a ogni modo la negligenza di me stesso nel sentirmi rimproverare il non vi avere, da che son qui, se non due volte scritto; ma un non so che, per la memoria ch’io tengo di voi, mentre leggeva cotali parole, non mi ha lasciato scioglier la lingua, e con fatica ha consentito ch’io mova la penna e dicavi che ne l’opra intitolatami appare l’amor che portate a la patria, la caritá che usate a l’amico e la grandezza de l’animo che avete. Ma ella saria gran temeritá la mia ad acettarla, sendo io persona senza grado e uomo di poco merito. Perciò o al marchese del Vasto o a chi piú vi pare atto a riconoscer tali e tante fatiche, volgetela; chèa me basta l’aver certezza de l’oppenione vostra, la quale, per benignitá del suo giudizio, m’ha giudicato degno d’esser onorato dagli scritti uscitivi del fertile ingegno. E, in cambio di ciò, fatimi grazia, prima che vi moriate, ch’io ne vegga alcuni versi. E, potendo voi, senza scomodarvi col venir qui e col tornar costi, stampar le rime e le prose vostre, devete farlo. Vi dico bene che questa è una etá che l’opre di qualunche si sia non sono acettate dagli impressori in dono, e chi non gli paga a lor modo, non è servito a suo. Ora eccomi in persona di voi medesimo, né per danari resterò di non acquetarvi il desiderio che mostrate de l’impressione di cosi fatti Trionfi , del corpo dei qual bramo vedere un membro, come ho detto. E me lo farete portare, se me amate come io vi amo e amaro finché potrò amar me stesso.

Di Venezia, il 7 di luglio 1537.