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abarbicata ne l’erta dei monti dirupati, dei cui frutti si sfama o^ni uccellaccio. Dico che i poverini, gli infermi, i pupilli, i padri carchi di figliuoli, d’anni e di debiti, godono del suo avere, e non gli adulatori. Per la qual cosa i vostri legni son previlegiati da Cristo, e ponno varcare Scilla e Caribdi senza che i lor monstri gli abbaino, e le tempeste de le Sirti gli diventarebbero tranquille. Si che tema Iddio e dispensi parte di quello, che gli ha concesso la grazia sua, nei bisogni del prossimo, chi vòle moltiplicare cento per uno. E voi, figliuoli de l’ottimo vecchio, convertite la prodiga cortesia, che vi mette a sacco d’ora in ora le borse, in liberalitá vera; ché, ciò facendo, prosperarete ne la commoditá di tutti i beni, come fa egli, e da Giesú otterrete le sue medesime cose.

Di Venezia, il 20 di giugno 1537. CLIV (*» A MESSER FRANCESCO MARCOL 1 NI Stampi pure il primo libro delle Lettere, e ne abbia tutto l’utile. Con la medesima volontá, ch’io, compar mio, vi donai l’altre opere, vi dono queste poche lettre, le quali son state raccolte da l’amore che i miei giovani portano a le cose ch’io faccio. Or sia il mio guadagno il vostro testimoniare ch’io ve l’ho donate, perché stimo piú gloria il farne presente ad altri che d’averle composte a caso, come si sa; e il fare imprimere a suo costo, e a sua stanzia vendere i libri, che l’uom si trae de la fantasia, mi par proprio un mangiare i brani de le istesse membra. E colui, che la sera va a la bottega per tórre i danari de la vendita del giorno, pizzica de la natura del roffiano, che, prima che se ne vada a letto, vòta la borsa de la sua femina. lo voglio, con il favor di Dio, che la cortesia dei principi mi (1) Questa lettera, che in AP è inserita due volte, a q. 1 . e in fine del voi., fu soppressa in M*.