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vostro. Sua Signoria ha voluto contentar, con la liberalitá che dite, e l’oppinione che egli ha di Benvenuto, e i due anni indugiati a venire a trovarlo da Roma a Padova, e l’amor che quella gli porta. A me parebbe che gli mostraste l’acciaio dove è la sua testa, e l’improntata ancora, stando a veder ciò che egli ne dice. Qui è Tiziano, il Sansovino, con una caterva d’uomini saputi, che ne stupiscono; ed essi consultaranno sopra le fatiche vostre. Né potrò mai credere che il Bembo manchi a l’onor suo e che non abbia tanto lume, che discerna le disaguaglianze. È ben vero che l’affezzione invecchiata in altri offusca, e bene spesso, gli occhi di perfetto vedere; dipoi l’opra vostra non ha a rimanersi ne la sua conoscenza sola, benché molto conosca. Perciò mostrisi e a lui e a chi ha piacer di vederla, e riserbisi la còlerá per i bisogni. Questo è quanto ora vi dico per il consiglio che mi chiedeste.

Di Venezia, il 25 di maggio 1537.

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AL SIGNOR LODOVICO DEI MAGI

I^o ringrazia di ciò che ha fatto per lui circa la riscossione della pensione imperiale, e lo prega di fargliene esigere due mensili. Se io, gentil uomo, senza altra domestica conoscenza ho troppo amicamente usato l’opra sua in ritrare la pension mia, incolpatene la fama, la quale, nel sommar de la vostra gentilezza, m’ha dato in far ciò la sicurtá ch’io ne ho presa. È ben vero ch’io ho errato a non esser stato cosi presto a ringraziarvi dei servigi fattimi, come fui presto a richiedervi che me gli faceste; onde è di mestiero che mi vaglia quella vostra bontade, per cui séte diventato cosi pronto, che, facendo voi benefíci ad altri, vi pare essere beneficato d’altrui. Ed è certo che l’uomo buono solamente per sé è pessimo, e colui che fa piacere a quel che non ha bisogno, merita che gli sia fatto dispiacere. A me si debbe porgere, perché io a ciascun porgo: perciò non